Fantacalcio: una parola che nella mia mente riecheggia da tempo, da quell’estate in cui con cinque amici si decise di “fare il Fanta”, di provare un gioco che mi avrebbe regalato emozioni e ricordi ancora vividi, ancora intensi. Correva l’anno 2003, sono trascorsi ormai dieci anni: qualcuno portò al parco che ci vedeva protagonisti di mille e più mundialiti e tedesche (il palleggio, questo sconosciuto…) una Gazzetta sgualcita e unta di caffè, magari “presa in prestito” da qualche bar nei giorni precedenti. Una Gazzetta contenente l’ambitissimo listone pieno di nomi importanti e riserve sconosciute, il listone che sarebbe divenuto negli anni a venire compagno fedele delle vacanze passate sotto l’ombrellone, all’ombra dei palazzi della città.
Mancini o Mansini?
La prima asta cominciò senza nessuna ansia, con la frenesia e l’imprudenza di chi ha quindici anni e ancora ignora la tensione (sottile ma non troppo) che avrebbe contraddistinto le aste degli anni a venire…volarono anche i primi insulti tra chi non voleva proprio mollare la presa su un giocatore e chi magari si dilettava a rilanciare anche “l’uno” dei secondi portieri. All’epoca di calcio ne sapevo il giusto, ero tutt’altro che un esperto della Serie A: i nomi importanti li conoscevo bene ma per il resto brancolavo nel buio. Tentai qualche scommessa sperando nel botto e mi aggiudicai un tale Mancini, no non quello che allena come ebbero a dire i compagni d’asta che (quasi) ne ignoravano l’esistenza. Io stesso sbagliai la pronuncia, dissi sottovoce quasi con vergogna: «Chiamo Mancini, Roma a 4». Era “ManSini” in realtà ma nessuno se la prese a male: lo portai a casa senza colpo ferire. Forse nemmeno Amantino sapeva cosa gli avrebbe riservato il futuro in Serie A: a vent’anni si respirano speranze e si collezionano sogni.
Un tacco è per sempre
Passavano i mesi in quella stagione 2003/2004 e gli equilibri cominciarono a delinearsi sia in Serie A sia nella nostra Lega ottimamente gestita da chi, tra di noi, aveva più sale in zucca e pure Seedorf in rosa. Ero lì, terzo, in un’onesta posizione di metà classifica a ridosso dei primi. A lottare e ad inveire contro Televideo e Diretta Gol per ogni gol subito e ad esultare come un pazzo per ogni gol segnato. Arrivò pure il derby Roma-Lazio, a Novembre. La domenica sera non uscivo mai complice la scuola e non avevo alcuna paytv in casa, mi accontentai di guardare il risultato finale su Televideo distrattamente (il risultato della mia partita era già delineato) e notai il gol di Mancini all’81’. Gioii con moderazione per non svegliare nessuno in casa e solo l’indomani scoprii della magia del brasiliano grazie al messaggio del Presidente di Lega che più o meno recitava così: “Ma cos’ha fatto Mancini?”. Lo scoprii al TG, YouTube non esisteva ancora: pennellata in mezzo all’area, Mancini salta e colpisce il pallone di tacco. Di tacco, in un derby: roba da campioni. Quel difensore (eh sì, allora era listato in difesa) deriso ad Agosto diventò il più ambito in proposte di scambio più o meno convincenti. Non ci pensavo nemmeno a cederlo. Mancini divenne il simbolo della squadra nei due anni a venire, un giocatore che seppe emozionarmi come nessuno al Fantacalcio. Certo, non fu l’unica scommessa di questi dieci anni di Fanta: in rosa arrivarono giocatori come Kjaer o Destro passando per Floccari. Ma fu la prima ed indimenticabile, la più emozionante.
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